di Ilaria Verunelli
She studied and wrote a lot about wolves. Her first book, La Ragazza dei lupi, is an autobiography that became a bestseller on Amazon. She created the program Beauty and the Beasts for Radio 105, for which she is the anchor woman. Mia Canestrini has numerous collaborations, from Smemoranda, to the program Il Provinciale, broadcasted by Rai Due. And there are many more: from the National Geographic to the Touring Club, from Rai Uno to Rai Tre, just to mention a few. Canestrini is specialized in the conservation of animal biodiversity, and she is the coordinator for the monitoring of the wolves, a national program lead by the Italian Institute for Environmental Protection and Research, ISPRA, (Instituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).
December 30 2021
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Sui lupi ha studiato molto e scritto altrettanto. Il suo primo libro, che si intitola appunto La ragazza dei lupi, è un’autobiografia che è diventata bestseller su Amazon. Per Radio 105, ha ideato e conduce la rubrica La bella e le bestie, come ospite della trasmissione 105Friends di Radio 105 e il programma Il Provinciale su Rai Due. Le sue collaborazioni sono numerose, a partire da Smemoranda, per passare al National Geographic, al Touring Club, Rai Uno, Rai Tre. E ce ne sono molte altre. Mia Canestrini si occupa di conservazione della biodiversità animale ed è un tecnico coordinatore per il monitoraggio nazionale del lupo, a cui fa capo ISPRA, l’Istituto che in Italia si occupa della Protezione e della Ricerca Ambientale. Racconta un’Italia affascinante, come sono, secondo lei, i lupi che studia ormai da molti anni. Descrive come posti straordinari il Parco Nazionale d’Abruzzo per la ricchezza di specie selvatiche, il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi “per la dimensione spirituale delle foreste”. Dell’arco Alpino dice che “è tutto di una bellezza sorprendente”, mentre “le Dolomiti sono uno dei posti più epici dal punto di vista paesaggistico”. Del lupo sa tutto o così pare ad orecchie non esperte. Per modestia o per rigore scientifico, racconta invece che nel suo ambiente vale il motto che “del lupo si sa tutto, ma non si sa niente”. Per Mia Canestrini il lupo “è un animale particolare, come possono essere la iena, la volpe, la tigre o lo sciacallo. Tuttavia, ha una caratteristica molto specifica: si è avvicinato all’uomo, qualche decina di migliaia di anni fa, in maniera spontanea, opportunistica, probabilmente in una fase in cui i nostri antenati erano ancora cacciatori. Nel loro nomadismo lasciavano una scia di resti di prede di cui i lupi si approfittavano”.
Qual è il percorso di formazione di una figura come la tua in Italia?
Ho fatto i primi tre anni in Scienze Naturali a Bologna, ho preso poi una laurea magistrale in Conservazione del Patrimonio Naturale a indirizzo terrestre. L’argomento della mia tesi è stato il monitoraggio del lupo nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Visto che la mia formazione non mi sembrava completa ho deciso quindi di fare un master di secondo livello a La Sapienza di Roma. Il direttore allora era Luigi Boitani, una delle figure più famose e influenti al mondo per quanto riguarda la conservazione del lupo. È grazie al suo lavoro che il lupo è diventato una specie protetta. Boitani è considerato, anche internazionalmente, un luminare. Ho studiato con lui; da lì ho poi cominciato a lavorare nei parchi italiani.
Tu sei stata a stretto contatto con la natura dell’Appennino tosco-emiliano. Com’è questa Italia?
È un’Italia per niente o poco conosciuta, anche se i lupi in Italia adesso sono ovunque. Li troviamo in montagna, dove io ho lavorato quasi dodici anni tra tesi e progetti europei. Sono però anche in pianura, inclusa quella padana, ed in luoghi abbastanza turistici come le coste della Maremma. Alberese è un esempio o Talamone. Sono luoghi in cui tante persone, tra le quali molti stranieri, vanno in vacanza. I lupi sono adesso anche in Puglia, in Salento. Quindi sono ovunque, ma io li ho studiati prevalentemente in montagna, sull’Appenino Tosco-Emiliano, luoghi che effettivamente sono poco turistici. C’è tutta una parte di Italia che si può considerare veramente selvatica, con pochissimi abitanti, poche infrastrutture turistiche, centri abitati minuscoli. Si tratta di piccolissimi paesi. Io ho abitato tanti anni in un paese di quaranta abitanti. Erano trentotto, dopo che io mi sono trasferita con il mio compagno sono diventati quaranta!
Posso chiederti come si chiama questo paese?
Montecagno. È una frazione di quello che prima era il comune di Ligonchio, famoso in Italia perché è il paese natio di Iva Zanicchi, soprannominata appunto L’Aquila di Ligonchio. Magari la conoscono anche all’estero. È una vita un po’ a sé. Il lavoro è a strettissimo contatto con la natura. C’è un’ampia parte di raccolta e catalogazione dei dati sul campo; quindi, si passa tanto tempo anche in ufficio. Gli inverni possono essere molto lunghi, piove spesso, nevica. In queste circostanze, si ritagliano spazi di lavoro tra le quattro mura di un ufficio. Però la maggior parte dell’attività è all’aperto, quindi in mezzo ai boschi, sulle praterie di alta quota, nelle valli, a raccogliere dati dalla mattina alla sera. Sono necessari a monitorare una specie che è comunque protetta a livello europeo, non solo in Italia.
In che cosa consiste il lavoro che hai svolto in quel contesto?
In realtà c’è un po’ questa idea romantica che chi si occupa di lupi stia ad osservarli per ore con il binocolo. All’atto pratico, quello che interessa all’Unione Europea è sapere quanti lupi ci sono e se sono in un buono stato di conservazione; quanti danni vengono fatti all’allevamento e come gestire il conflitto tra gli allevatori di bestiame e la presenza del lupo. È tutto un lavoro di conta. Ci sono delle tecniche diverse, alcune usate in estate, altre in inverno, altre ancora tutto l’anno. Vengono impiegate per contare i lupi, sapere se un branco si è riprodotto o meno, se ci sono degli esemplari ibridi, cioè incrociati con i cani. Indagare quanti danni ha fatto un branco ad un dato allevatore. Si accertano questi danni e si aiutano anche gli allevatori ad ottenere gli indennizzi e i rimborsi che spettano loro. Si aiuta a mettere in pratica un sistema di prevenzione dei danni. È un lavoro, in realtà, più tecnico che romantico, che va tanto al sodo.
Quanti lupi ci sono in Italia?
È in corso un monitoraggio nazionale al quale anche io sto lavorando come coordinatore tecnico. I dati ufficiali e definitivi usciranno in primavera. Al momento la stima, abbastanza attendibile, fatta comunque da esperti, è di duemila esemplari.
È un numero che preoccupa?
No, è un buon numero. Negli anni Settanta erano rimasti tra i cento e i trecento lupi, la specie era veramente sull’orlo dell’estinzione. Devi considerare che, per esempio, in un branco di dieci esemplari c’è solo una coppia che si riproduce. Tutti gli altri sono figli e figliastri di quella coppia. Fortunatamente questa informazione è servita al governo di allora per varare il primo decreto di protezione.
Posso chiederti perché i lupi erano arrivati ad essere così pochi?
Perché fino agli anni Settanta la caccia al lupo era consentita con ogni mezzo, perché i lupi erano considerati, un po’ come oggi i ratti, degli animali nocivi. Dovevano quindi essere eradicati in quanto pest, usando un termine inglese. Non solo tenuti sotto controllo, ma completamente eliminati. Questa operazione è riuscita in gran parte di Europa, come ad esempio in Gran Bretagna. Lì, come in Irlanda, per esempio, non c’è più neanche un lupo, perché sono stati completamente sterminati. Essendo un’isola i lupi non hanno avuto, ovviamente, più modo di ri-colonizzarla. In alcune aree d’Europa, incluse alcune aree dell’Italia, sono stati completamente eliminati. C’erano proprio delle figure pagate dallo stato o dalle monarchie per eliminare i lupi. Si chiamavano “lupari” ed erano dei cacciatori professionisti di lupi.
Ad oggi, in Italia, quale legislazione vige a protezione dei lupi?
Adesso il lupo in Italia è considerato una specie rigorosamente protetta. Sono consentiti gli abbattimenti solo in deroga alla Direttiva Habitat, lo strumento europeo che tutela il lupo. In Italia queste deroghe sono state chieste da alcuni enti locali, quando, secondo gli stessi, i lupi avevano causato molti danni. Tuttavia, non sono state mai applicate. I requisiti per concedere queste deroghe sono in realtà molto stringenti.
Quante specie di lupo vivono in Italia?
Una sola sottospecie, il canis lupus italicus, geneticamente distinta da tutti i lupi, dal resto d’Europa e dal resto del mondo.
Mia Canestrini è una lupologa, ma prima ancora una scienziata. Al femminile, perché, ci tiene a specificarlo, “credo che ci sia un pregiudizio sulle donne, sul fatto che siano meno fredde, rigorose o comunque meno sacrificabili in nome della scienza, perché altrimenti si dovrebbero sacrificare come donne”. Quando le si chiede di menzionare alcuni dei suoi miti nel mondo della scienza, il suo primo pensiero va a Margherita Hack perché, da piccola, il mondo della Hack le sembrava “un po’ magico” e perché allora Mia sognava di fare l’astronauta. La seconda è Jane Goodall, una “ragazza osteggiata, perché non era una zoologa. Alla fine, le sue scoperte hanno dato il la a studi che ancora oggi hanno un ruolo fondamentale nella ricerca sull’etologia dei primati ed è diventata una grande divulgatrice”. Ma, soprattutto, perché Jane Goodall ha incarnato un ideale di bellezza ed eleganza in un “mondo che ha davvero bisogno di esempi di grazia”.
To know more?
Mia Canestrini: La ragazza dei lupi. La mia vita selvaggia tra i lupi italiani
Italy in their own words: Wolf